4

Dic 2024

Succede che Romeo conosce Giulietta, se ne innamora, le chiede di sposarlo.

Giulietta gli dice che non potrà avere figli a causa di una grave malattia pregressa, la cui terapia ha avuto quale effetto collaterale la sterilità.

A Romeo non interessa, cercheranno di adottare dei figli e così passano quasi vent’anni di felice matrimonio.

Poi l’amore finisce, il matrimonio si scioglie, c’è uno strascico legale per la determinazione dell’assegno di mantenimento, non ci sono figli, neanche adottivi.

Ma gli implacabili registri immobiliari, che -quando vogliono- hanno una memoria elefantiaca, compulsati alla ricerca d’altro, rivelano che Giulietta era stata in passato Giulio ed aveva ottenuto la rettificazione di sesso e di nome dal Tribunale alcuni anni prima del matrimonio.

Romeo chiede l’annullamento del matrimonio, dicendo che, se avesse sin dal principio conosciuto la verità in ordine alla situazione di Giulietta ed alle reali motivazioni della impossibilità di procreare, non l’avrebbe sposata. Invoca l’art. 122, commi 2 e 3, del codice civile, secondo cui “il matrimonio può essere impugnato – tra l’altro – da quello dei coniugi il cui consenso è stato dato per effetto di errore sull’identità della persona o di errore essenziale su qualità personali dell’altro coniuge. L’errore sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute presenti le condizioni dell’altro coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il suo consenso se le avesse esattamente conosciute e purché l’errore riguardi l’esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale”.

È il nostro caso?

Per il Tribunale di Livorno, no.

Non vi è stato errore sulla identità della persona in quanto Romeo, a tutti gli effetti, si è unito in matrimonio con la persona che intendeva e riteneva di sposare, ossia con Giulietta, che all’epoca già risultava donna, tanto anagraficamente quanto sotto l’aspetto dei caratteri sessuali. Giulietta, come emerso nel corso dell’istruttoria, si è sempre sentita donna e la procedura di rettificazione di sesso -come insegna la Corte Costituzionale- non rappresenta e non dà luogo ad un reale cambio di identità, bensì rappresenta lo strumento, messo a disposizione dall’ordinamento, per adeguare l’aspetto esteriore della persona alla propria identità. Anzi, “per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile deve ritenersi non obbligatorio l’intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari.”

Non vi è stato nemmeno un errore “essenziale” sulle qualità personali dell’altro coniuge.

La precedente condizione di Giulietta, infatti, non ha inciso sulla vita coniugale delle parti, visto che lo stesso Romeo ha dichiarato di non essersi mai reso conto -in quasi vent’anni di matrimonio- della precedente condizione della moglie.

Quanto ai figli, che Giulietta non potesse averne era noto da prima del matrimonio.

Dunque niente annullamento, “anche volendosi ammettere che l’attore non si sarebbe sposato se fosse stato a conoscenza della rettificazione del sesso della convenuta”. 

*

Ricapitolando, nel caso specifico:

  • Giulietta era obbligata a dichiarare il precedente status? No.
  • Giulietta era obbligata a dichiarare il vero motivo della sua sterilità? No.
  • La bugia iniziale, “anche volendosi ammettere che l’attore non si sarebbe sposato se fosse stato a conoscenza della rettificazione del sesso della convenuta”, ha avuto qualche conseguenza? No.

A noi sembrano i connotati di un vero e proprio diritto all’oblio, con una significativa particolarità.

Mentre negli altri casi di diritto all’oblio si discute del bilanciamento tra diversi diritti di pari rango, qui abbiamo un conflitto addirittura tra due aspetti dello stesso diritto, quello all’identità sessuale: per Giulietta, il diritto di essere considerata a tutti gli effetti quel che si sente e si è sempre sentita, e cioè una donna; per Romeo, il diritto ad esprimere la propria identità sessuale in maniera pienamente consapevole, anche con riferimento alla scelta del partner.

Quando il confine si fa così sottile, decidere significa -più che altro- scegliere, cioè optare per l’una o per l’altra delle possibili soluzioni, cercando di interpretare le norme secondo il contesto storico e sociale del momento. Ciò comporta inevitabilmente, in nome della legge, il sacrificio di uno dei diritti in contesa, che dovrà trovare soddisfazione in altro contesto (morale, sociale, religioso, ecc).

Il Romeo di Shakespeare cercava l’amore ma trovò, tragicamente, la morte.

Il nostro Romeo cercava giustizia ma trovò, più prosaicamente, la legge.