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Nov 2017Anche nei reati informatici, basta il rispetto delle forme o si deve badare alla sostanza? Dipende dal movente.
Le Sezioni Unite della Cassazione penale fissano a tale proposito un importante principio di diritto, che vale la pena di riprodurre alla lettera:
“Integra il delitto previsto dall’art. 615 -ter, secondo comma, n. 1, c.p. la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che, pur essendo abilitato e pur non violando le prescrizioni formali impartite dal titolare di un sistema informatico o telematico protetto per delimitarne l’accesso (nella specie, Registro delle notizie di reato: Re.Ge.), acceda o si mantenga nel sistema per ragioni ontologicamente estranee e comunque diverse rispetto a quelle per le quali, soltanto, la facoltà di accesso gli è attribuita” (Cass. SS.UU. Penali, 18.5-8.9.2017, n. 41210).
La fattispecie concreta riguardava l’accesso abusivo a sistema informatico da parte di un pubblico ufficiale ma i principi che se ne desumono hanno una portata generale.
La Corte, infatti, utilizzando come parametro concettuale quello dello “sviamento di potere” di natura amministrativa, enuncia chiaramente che quel che conta non è tanto il rispetto delle prescrizioni formali relative all’utilizzo del sistema quanto le “ragioni ontologicamente estranee e comunque diverse” rispetto a quelle per cui il soggetto ha titolo di accedere al sistema: conta, cioè, il movente, la motivazione concretamente estrinsecatasi, lo scopo pratico perseguito dal soggetto che ha acceduto ad un sistema e alle relative informazioni, al di là del fatto che formalmente egli avesse titolo per farlo (perché in possesso delle chiavi telematiche, perché addetto all’ufficio, etc…).
La portata del principio è sicuramente generale e costituirà la bussola per orientarsi nel dedalo delle fattispecie pratiche relative al reperimento di informazioni telematiche ed al loro utilizzo: pensiamo prima di tutto alle e-mail, che tanti dubbi e problemi generano, fuori e dentro i rapporti di lavoro, e sulle quali torneremo specificamente nelle prossime settimane.
Interessante è anche il fatto che la Corte, esaminando un caso riguardante la pubblica amministrazione, usi l’armamentario concettuale dello sviamento di potere, quel grimaldello che consente -in un ambito rigidamente regolamentato da atti e procedure formali- di dare ingresso alla valutazione sostanziale della condotta, andando oltre la mera violazione di legge.
Sempre più pressante, dunque, si fa l’esigenza di una diffusa e solida cultura della gestione delle informazioni di cui possiamo disporre, nonché dell’utilizzo dei relativi strumenti di accesso e di diffusione: altrimenti, avremo una “società dell’informazione” fatta di soggetti disinformati.